Parthenope 
             
              Negli spazi espositivi dello storico Castel dell’Ovo, a Napoli,  il 12 marzo 2011 sarà aperta al pubblico la mostra di arte contemporanea “AB  OVO”. Questa famosa locuzione di Orazio, indica, nella sua accezione corrente,  “dall’inizio” e quindi la mostra si articola presentando la PRIMA, o almeno la  più antica delle opere di ciascun Artista, e l’ULTIMA, la più recente, che testimonierà  il proprio percorso artistico, le proprie scelte, gli inizi del suo “essere  Artista” fino ad oggi.  
             
              Lucrezia Draghi  intervista Fabrizio Ruggiero. 
             
              Lucrezia Draghi: Ab  ovo… Dall’inizio… Vuoi dirci, dove è cominciato tutto per te?  
             
              Fabrizio Ruggiero: Volendo  dare un inizio al mio desiderio di dedicarmi alla pittura non posso che  collocarlo nel mio primo viaggio in Afghanistan, nell’estate del 1972. Cinque  anni prima, avevo iniziato, a Milano, una promettente carriera di disegnatore  di tessuti, ma presto mi divenne chiaro il limite della moda che, potrei dire,  opera sulla superficie dell’esistenza, mentre il mio interesse è per ciò che  resta aldilà delle apparenze fenomeniche, l’Arte. Così al termine di  quell’estate, invece di ritornare a una vita che sembrava già definita e  incasellata, decisi, come alcuni di quella generazione, di proseguire per  l’India che appariva come il luogo magico dove l’impossibile era ancora  possibile. Ho dipinto l’acquerello From  my hut in Kanduboda forest, che presento come “opera prima”, nell’inverno  del ‘73 nella foresta di Kanduboda a Ceylon, l’odierno Sri Lanka. Nella foresta  di Kanduboda c’è un magnifico monastero di tradizione Theravada, dove ho  soggiornato a lungo e credo che quest’acquerello esprima il clima irripetibile  di quell’epoca felice. 
             
              Lucrezia Draghi: Che  cosa presenti per la mostra “Ab ovo” come tua opera più recente? 
             
              Fabrizio Ruggiero: E’ buffo. malgrado io sia napoletano ed abbia  vissuto in questa città i miei primi vent’anni non vi ho mai presentato mie opere.  Quasi quaranta anni dopo quell’inizio mi trovo a presentare un’opera al castel  dell’Ovo sull’isolotto di Megharis che è anche dimora eterna della vergine  dalla voce di fanciulla, la Sirena Parthenope, origine del mito di fondazione di questa città.  Le sirene ci ricordano eventi leggendari, visioni magiche, desideri  irrealizzati e, per Platone, sono parte essenziale dell’armonia delle sfere,  motore portante dell’universo. 
              Nella società  contemporanea i miti hanno perso di significato ma i miti non muoiono e  riscoprendoli e rievocandoli li portiamo a nuova vita o forse sono loro che  aspettano ancora di esser visti e di risvegliarci. 
              L’apertura e la curiosità verso l’altro e il diverso sono da  sempre caratteristiche degli abitanti di questa città e Parthenope, la sirena che ne è il simbolo, è la  vergine, la donna che non muore e non ha tomba, è l’amore, l’aprirsi all’altro da sé.  
              Nella versione più  arcaica, Parthenope, vergine che  affascina con il suo straordinario canto, è un uccello con piumaggio rossastro  dal volto di ragazza e quest’iconografia mi ha ispirato a rievocare la sua  presenza in chiave contemporanea. 
          Lucrezia Draghi 
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